FALSE PARTITE IVA – Lavoro autonomo e presunzione di lavoro Subordinato

Il lavoratore autonomo che dispone di una sede fissa di lavoro presso il committente e utilizza beni e strumentazione  o che per almeno due anni ha un fatturato proveniente per l’80% verso uno stesso committente potrebbe essere considerato “falsa partita IVA“, con delle conseguenze sanzionatorie a carico del committente (datore di lavoro) e generare una vertenza di lavoro .

Le false partite IVA, ovvero tutte quelle situazioni in cui un soggetto apre ad hoc una partita IVA su richiesta/obbligo del datore di lavoro, non per effettuare una vera e propria attività professionale indipendente, quanto per collaborare stabilmente con un’azienda, mascherando così un contratto di lavoro dipendente, non sono poi così rare in una situazione economica, ove molte imprese cercano espedienti per evitare di instaurare rapporti di lavoro onerosi e stabili come quelli relativi al lavoro dipendente.

FALSE PARTITE IVA: RISVOLTI OPERATIVI

Il lavoro autonomo “puro, inquadrato spesso con la locuzione “lavoro con partita IVA“, si manifesta attraverso una delle seguenti forme:

  • Contratto d’opera(articoli 2222 e segg. codice civile);
  • Contratto d’opera intellettuale(articoli 2230 e segg. codice civile).

Caratteristica fondamentale è l’assoluta autonomia operativa ed organizzativa. Infatti, il prestatore di lavoro autonomo decide autonomamente i tempi, le modalità e i mezzi necessari per l’esecuzione della prestazione, non è sottoposto al potere direttivo, organizzativo, disciplinare e di controllo del committente ed opera senza alcun coordinamento con l’attività del committente stesso.

Il legislatore ha previsto che alcuni modelli contrattuali siano esentati dall’obbligo di identificare uno specifico progetto ovvero:

  • Agenti e rappresentanti di commercio;
  • Professioni intellettuali che prevedano l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • Componenti degli organi di amministrazione e di controllo delle società (ad esempio, amministratori, sindaci, revisori);
  • Partecipanti a collegi e commissioni;
  • Coloro che percepiscano pensioni di vecchiaia;
  • Collaborazioni svolte nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni;
  • Rapporti svolti in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione riconosciute dal CONI, come individuate e disciplinate dall’articolo 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Sono altresì escluse dall’obbligo dello specifico progetto le collaborazioni occasionali.

FALSE PARTITE IVA E PRESUNZIONE LEGALE

L’art. 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003, salvo prova contraria del committente, stabilisce che le prestazioni effettuate da persone con partita IVA sono riqualificate come rapporti di lavoro dipendente (false partite IVA) qualora ricorrano almeno due delle seguenti condizioni:

  1. La collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi (lett. a – criterio temporale);
  2. Il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, costituisca più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni solari consecutivi (lett. b – criterio del fatturato);
  3. Il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente (lett. c – criterio organizzativo).

Se ritieni di che il tuo rapporto di lavoro possa rientrare nelle suddette specifiche e vuoi richiedere il riconoscimento di  rapporto di lavoro subordinato puoi contattarci:

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